San Martino fa rima con…vino!

“San Martino: castagne e vino!” recita il detto popolare, ma non un vino qualunque; almeno, nella mia zona! Infatti, l’11 novembre, dalle mie parti, si usa festeggiare il vescovo di Tours mangiando le caldarroste, tipiche dell’autunno, accompagnate dal vino cotto.

Storicamente, già i Piceni, ancor prima dei Romani, avevano l’abitudine di produrlo. In passato, il vino fatto con uve poco mature non raggiungeva la gradazione alcolica adeguata ad evitare la sua trasformazione in aceto. Da lì, si cominciò a farlo “cuocere” per promuoverne, quindi, la conservazione. Nel tempo, questa abitudine fu abbandonata e addirittura vietata nel 1962, anno in cui si proibì la sua produzione nella stessa linea del vino comune. Dopo anni in cui veniva prodotto in clandestinità dalle famiglie, fu solo nel 2015 che il vino cotto venne riconosciuto tra le produzioni tipiche della Regione Marche, tanto da redigere un vero e proprio Disciplinare ad esso dedicato.

Lo chiamiamo “vino”, ma in realtà ciò che viene cotto è il mosto. Una volta spremute le uve, il mosto viene fatto bollire per ore, in un caldaro di rame, fino a farlo ridurre di percentuali variabili da un terzo ad un mezzo; ad esso viene aggiunto del mosto crudo, per innescare la fermentazione. Dopo circa due settimane, viene messo nelle botti (di diversi legni) insieme ad una piccola quantità di vino cotto dell’anno precedente e lasciato maturare. Il prodotto può essere consumato non prima di un anno, anche se si considera come ottimale per l’affinamento un periodo minimo di cinque anni. L’invecchiamento può arrivare anche a quaranta-cinquanta anni! Nella tradizione popolare, al momento della nascita di un bambino si travasava il vino cotto dell’anno in una bottiglia che veniva successivamente aperta il giorno del matrimonio del pargolo, nel frattempo cresciuto.

Il risultato è un vino dal colore scuro, marrone ambrato, detto “occhio di gallo”, dal sapore dolce e con un aroma che racconta di frutta caramellata, prugne essiccate, uvetta, ma anche di tradizione, calore, legami familiari e dolcezza.