Microbiota…..piacere di conoscerti!

Sin dall’antichità, si parla di salute correlandola al benessere intestinale. La scienza, ormai, pone sempre più attenzione allo studio del microbiota umano, in particolare a quello intestinale (il più abbondante), proprio per capire quali sono i legami che esso ha con il resto del corpo.

Conoscere la composizione del microbiota intestinale ha significato sia in termini di prevenzione, sia di diagnosi, sia di terapia. Infatti, l’analisi del microbiota permette di valutare lo stato di eubiosi, cioè l’equilibrio tra le varie specie presenti. Purtroppo, non sempre si riscontra questa condizione ottimale, quindi si parla di disbiosi, cioè della perdita dell’equilibrio tra le specie, con il conseguente prevalere di una o più di esse, a volte patogene. In tal senso, il test permette non solo di valutare la disbiosi, ma anche di individuare quali sono le specie mancanti o carenti o in eccesso. Inoltre, i suddetti dati permettono di elaborare una terapia (farmacologica, nutrizionale, ecc.) mirata a ristabilire l’equilibrio perso.

A chi è consigliato effettuare questo tipo di indagine (Gut Screening)? Sicuramente, a chi ha disturbi gastrointestinali (colite, stipsi, diarrea, ecc.) e ha chi ha problemi all’apparato urogenitale (cistiti, vaginiti, vaginosi, uretriti, ecc.) che non rispondono alle terapie di primo approccio comunemente usate. Sarebbe utile anche in caso di sovrappeso e obesità, poiché queste condizioni sono correlate all’eccesso di alcune specie batteriche e conoscere questo dato facilita l’elaborazione di un piano alimentare e di un’eventuale integrazione più mirati. Considerando che circa l’80% del nostro sistema immunitario risiede nell’intestino, spesso problemi enterici si manifestano con sintomatologie pseudoallergiche ed autoimmunitarie (dermatiti, riniti, eczemi cutanei, ecc.). A fronte di test allergologici negativi, sarebbe utile sapere se c’è una perturbazione della flora intestinale immunomodulante. Anche chi ha necessità nutrizionali particolari trarrebbe giovamento da questo tipo di test. Ad esempio, gli atleti a livello agonistico potrebbero migliorare la loro performance valutando l’efficienza metabolica del loro microbiota. Anche se sembrerà impossibile, il test del microbiota risulta importante anche a chi ha disordini neurologici (depressione, fibromialgia, ecc.), in quanto la disbiosi può determinare un cambiamento della produzione di alcuni neurotrasmettitori con effetti sul sistema nervoso.

Come si effettua l’analisi del microbiota? Il test viene eseguito su un campione di feci ed è sostanzialmente di due tipi: genetico e colturale. Il primo utilizza tecniche di biologia molecolare (Next Generation Sequencing) per sequenziare alcune regioni variabili del gene che codifica per l’RNA 16S (si utilizza questo RNA ribosomiale poiché le sue sequenze sono conservate fra gli organismi dello stesso genere e della stessa specie, ma differiscono da tutti gli altri). Mediante elaborazioni bioinformatica e statistica dei dati, si può risalire alla composizione dello specifico microbiota intestinale. Il secondo, basato su tecniche colturali, permette l’isolamento, la crescita e la tipizzazione delle specie presenti nel campione analizzato. Questo metodo assicura la rilevazione di tutte le specie vive nell’intestino al momento del prelievo. A questo tipo di test possono essere associate anche la ricerca di metaboliti urinari (campione di urina) e l’acquisizione dei valori relativi a parametri particolari (istamina fecale, IgA secretorie, MPK2, ecc.). In aggiunta all’analisi della co-varianza, questi elementi caratteristici possono essere d’aiuto al medico per arrivare alla diagnosi.

Conoscere la composizione del microbiota fa sì che si possa procedere con la terapia. Questa parola, nell’accezione più comune, rimanda ai farmaci; in realtà, non sono sempre necessari. Infatti, in base al referto del gut screening, si può procedere all’elaborazione di un programma alimentare adeguato che possa favorire la crescita di alcune specie e sfavorire quella di altre; oppure, può essere studiata una terapia a base di integratori, oli essenziali o, dove strettamente necessario, farmaci che permettano il ristabilirsi dell’eubiosi. Un’altra possibilità è rappresentata dall’Idrocolonterapia: una metodica che affonda le radici nell’antico Egitto e che opera un lavaggio “dolce” dell’intestino dall’ampolla rettale fino al cieco. Attraverso l’introduzione di acqua nell’ano, viene operato il distacco e la rimozione di materiale fecale, residui di cibo parzialmente digerito e tossine (prodotte dall’organismo o da alcuni gruppi di microrganismi presenti nell’intestino) accumulate. Il massaggio sull’addome, effettuato dall’operatore, favorisce il rilassamento e asseconda o riattiva la peristalsi, garantendo una migliore “pulizia” del tratto enterico.

Non è possibile fare il gut screening in qualsiasi laboratorio, ma ormai sono tanti in Italia quelli attrezzati per farlo. Sicuramente, è una via da percorrere per poter arrivare alla diagnosi e alla cura di patologie che non rispondono ad un approccio “classico” di risoluzione.