Cocomero o anguria?

Durante le giornate caldissime dell’estate, sicuramente il pensiero di tanti è rivolto al cocomero. Rimane, però, il dilemma riguardo il nome: cocomero o anguria? Sembrerà una banalità, ma questo quesito ha scomodato persino l’Accademia della Crusca. Infatti, nelle regioni d’Italia, il frutto assume diversi nomi: cocomero, anguria, cetriolo, popone, ecc. Secondo gli accademici toscani, il nome più corretto sarebbe cocomero, in quanto fa riferimento etimologicamente al nome botanico della pianta. Rimane, però, accettato anche il nome anguria, perché deriva dalla modifica veneziana del termine greco angόurion (cetriolo).

Qualunque sia il nome, si parla del frutto della pianta Cucumis citrullus o Cucumis vulgaris, della famiglia delle Cucurbitaceae, originaria dell’Africa tropicale e coltivata già nell’Antico Egitto. Gli Egizi pensavano addirittura che fosse un frutto magico derivante dal seme del dio Seth ed erano soliti, così come rilevato dagli archeologi, metterlo all’interno delle tombe, affinché il defunto potesse goderne nell’aldilà. Viene menzionato anche nella Bibbia, nel passo in cui si narra che gli Ebrei, assetati nel deserto del Sinai, rimpiangevano i frutti dissetanti mangiati in Egitto. I primi cocomeri, in Italia, si sono visti intorno all’anno 1100, subito dopo le Crociate.

Oltre alla Linguistica e alla Storia, anche la Nutrizione si è occupata di questo frutto: esso porta con sé tante caratteristiche positive dei Paesi (e dei popoli) in cui da sempre viene coltivato.

Deve la sua potenzialità dissetante e rinfrescante all’enorme quantità di acqua che contiene, circa il 93%. La ridotta presenza di zuccheri (circa il 3,7%), proteine (0,4%) e fibre (0,2%) gli conferisce un apporto calorico ridottissimo: 16 Kcal per 100 grammi di prodotto. È, quindi, indicato nei regimi ipocalorici, anche se deve essere consumato senza eccesso dai diabetici.

Il cocomero contiene anche vitamina A e vitamina C, potenti antiossidanti e vitamina B6 che, essendo coinvolta nel metabolismo di aminoacidi, acidi grassi e zuccheri e contribuendo alla formazione di alcuni ormoni, di globuli bianchi e rossi, assicura l’efficienza della barriera immunitaria, stimola le funzioni cerebrali e previene l’invecchiamento.

Sono diversi anche i sali minerali presenti nel cocomero, in particolare potassio, magnesio, ferro  e fosforo. Si deve proprio al potassio, la stimolazione della diuresi e il miglioramento di eventuali disturbi estivi legati alla pressione osmotica, alla ritenzione idrica, così come a lievi modifiche dell’eccitabilità neuromuscolare e del ritmo cardiaco. L’attività diuretica è strettamente legata a quella depurativa. Infatti, aumentando l’escrezione urinaria, vengono eliminate le scorie in eccesso.

Il cocomero contiene anche licopene, un pigmento che, oltre a conferire il colore rosso al frutto, ha dimostrato di avere un’azione protettiva sul sistema cardiovascolare (modulando anche il livello di colesterolo “cattivo” LDL), un’attività anti-ictus e un effetto preventivo nei confronti di alcuni tumori (prostata, mammella, cervice uterina, ecc.). Manifesta la sua proprietà antiossidante anche intervenendo positivamente nelle malattie neurologiche degenerative (Alzheimer, morbo di Parkinson, ecc.) e limitando i rischi del fotodanneggiamento della pelle.

Il cocomero, però, presenta anche delle controindicazioni. Per chi ha problemi di gastrite, il suo consumo a fine pasto determina la diluizione dei succhi gastrici (dovuta alla grande quantità di acqua) con conseguente rallentamento della digestione e dello svuotamento gastrico. Nelle persone che soffrono di colon irritabile, può essere causa di gonfiore e dolore addominale, nonché avere un effetto lassativo. I soggetti allergici all’acido acetilsalicilico (“Aspirina”) devono consultare il proprio medico prima di consumare il cocomero, poiché esso contiene salicilati. Inoltre, chi è allergico alle Graminaceae e ai pollini potrebbe avere reazioni più o meno importanti a causa dell’istamina contenuta nel cocomero e di cui esso stesso ne stimola la produzione da parte dell’organismo.

Che lo si voglia chiamare cocomero o anguria, di certo ha ragione Shakespeare quando dice “Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo cocomero, anche con un altro nome, conserva sempre il suo sapore delizioso!”